INTERSOGGETTIVITÀ E PROCESSO DI CAMBIAMENTO: IL MUSICALE VISSUTO, CONDIVISO, RIELABORATO
In questo scritto desidero mettere in evidenza come nel processo musicoterapico sia fondamentale fare diretta esperienza dell’altro in un processo di reciprocità e condivisione intersoggettiva caratterizzata dalla circolarità. Stabilire quindi una relazione terapeutica che si crea assieme nel divenire continuo dell’esperienza come fosse un gioco a due dialettico, un viaggio condiviso legato al momento presente, che si dispiega un passo dopo l’altro e che si rivela strada facendo.
Nel ripercorrere il caso del ragazzo con Sindrome di Tourette già trattato in un precedente articolo (vedi link), sottolineo come la musicoterapia sia diventata il contenitore delle sue esperienze, che Samuele ripercorre, sessione dopo sessione, all’interno di giochi improvvisativi di esplorazione dell’elemento sonoro musicale che di volta in volta crea con strumenti e modalità diverse, pur mantenendo stabili alcune costanti di riferimento. Sin dall’inizio della sessione il ragazzo realizza il suo setting, stabilisce i suoi attori (strumenti musicali, pupazzi), crea storie musicali, esplora vari strumenti.
In queste dinamiche è stato però molto difficile stabilire una vera e propria interazione, perché nel narrare la propria storia, nel rapportarsi ai suoni, alla musica e agli strumenti, Samuele era guidato dalle proprie fantasie interne e dai pensieri ossessivi che difficilmente lasciavano spazio a qualcos’altro. Era infatti solito scegliere di preferenza un grande tamburo con cui dava vita a giochi di forza, movimento, potenza che metteva in atto con suoni altrettanto forti, continui, martellanti in modalità rigide e ostinate che duravano a lungo e che spesso erano faticosi da reggere – non solo a livello uditivo ma anche a livello fisico.
Era chiaro che, nonostante la piccola frustrazione che insorgeva in me data dalla quasi impossibilità di rapportarmi con lui in questo suo gioco di intensa scarica energetica, il ragazzo doveva essere accompagnato gradualmente a percorrere la strada dell’ascolto reciproco e a costruire un vero e proprio scambio comunicativo con me.
Il mio ruolo è stato quindi quello di entrare nel suo spazio e tempo creativo – musicale e non musicale – nelle sue dinamiche, e questo ha permesso di aprire altri spazi di esplorazione di sé e del contesto di cui faceva esperienza, aiutandolo nella percezione del proprio vissuto emozionale e nella regolazione delle sue emozioni. Così mi sono inserita nel suo gioco ed ho seguito le sue regole. Ho lasciato a Samuele uno spazio dedicato a questo, un momento tutto suo in cui ha potuto dare voce al proprio bisogno di raccontarsi, viversi, esprimersi senza mediazioni. Per dare continuità alla sua esperienza io lo accompagnavo al pianoforte sostenendo questo processo, rispecchiandolo e restituendoglielo in questo suo viversi ed essere musica.
È stato messo in atto un contesto in cui entrare musicalmente nei suoi vissuti, rispecchiarglieli e restituirglieli modulandosi e rimodulandosi sui suoi stati energetici ed affettivi, ha fatto emergere nuove modalità, pensieri, sentimenti, comportamenti. Nella modulazione e variazione del mio suono in relazione alla sua esperienza narrata momento per momento, si intrecciava pian piano una modulazione nella qualità del suo sentire: un cambiamento nella sensazione corporea, nella percezione di sé, nell’emozione legata a questa sensazione e quindi dello schema di pensiero associato al vissuto dell’emozione stessa.
In questo processo è l’elemento sonoro musicale che costruisce ed organizza l’esperienza soggettiva e diventa centrale nello sviluppo e nella maturazione della relazione che si viene a creare. Ed è entrando nei meccanismi propri del suono e della musica che si evolve l’esperienza della reciprocità nella risonanza condivisa attuando un graduale cambiamento interno del ragazzo.
Pian piano si avvia così un’evoluzione del processo. Il ragazzo riesce ora a comunicare il proprio mondo interiore attraverso i suoni utilizzando il linguaggio musicale in modo più dinamico e articolato nelle modalità e nella ricerca dei timbri, dei ritmi e delle sonorità, della combinazione delle note e nei significati legati a quello stesso linguaggio utilizzato, compiendo in se stesso un processo di elaborazione e sintesi a partire dalle nostre reciproche interazioni.
Il percorso si sviluppa verso la piena interazione con me nella relazione sonoro-musicale: Samuele si autoregola attraverso il mio suono, entra nel suono e nella musica, ricerca e adatta ritmi e dinamiche sintonizzate. Non sono più le sue fantasie interne a dominare, i suoi pensieri ossessivi, ma è l’esperienza della reciprocità nel suo evolversi che rimodella il suo modo di stare nella situazione, in una partecipazione vitale affettiva e sintonizzata attraverso la risonanza condivisa.
È così possibile che anche il tamburo, da sempre veicolo di suoni di scarica ostinati, martellanti, rigidi e ripetitivi, trovi espressività rimodulate. Nascono lunghi dialoghi e rispecchiamenti in cui il tamburo stesso assume un altro ruolo, e dall’essere un vero e proprio rombo di motore diventa strumento musicale che può incontrarsi e interfacciarsi con altri strumenti nella musica: si sperimentano varie modalità di suonare, alternative sonoro-musicali, arrivando a sonorità e dinamiche leggere, fluide, delicate sia al pianoforte che con gli altri strumenti.
Inizia anche a suonare il pianoforte, scoprendo di poter spaziare nelle sonorità, nelle note, nelle più varie modalità esecutive e sperimentandosi in interessanti momenti musicali sullo strumento. Progressivamente afferma di suonare riflettendo situazioni, emozioni e stati d’animo: rappresenta spesso il contrasto di forze, il bene e il male, la paura e la gioia, i limiti e le possibilità della vita. Nelle sue rappresentazioni mette le sue esperienze di vita, considerazioni, ma anche fatti di cronaca. In questo contesto mi considera il suo interlocutore per ricevere i feedback delle sue esecuzioni. Il ragazzo diventa calmo, allineato, centrato, c’è simmetria e una varietà di colori sonori che si dispiegano nella continua ricerca sonora, nell’articolazione delle modalità ritmiche e timbriche, nella combinazione dei suoni.
È così emersa, sessione dopo sessione, la sua consapevolezza, il suo desiderio di approfondire la conoscenza delle dinamiche delle emozioni sia nella produzione che nella fruizione musicale, e contemporaneamente i suoi momenti musicali pianistici cominciavano a prendere più spazio, aumentandone la durata e generando risonanze sempre più arricchite.
Non sono più i pensieri ossessivi a guidare il modo di vivere la sua esperienza: suono e musica hanno permesso il costituirsi della nostra esperienza intersoggettiva ed hanno trasformato la sua esperienza soggettiva. Ed è così che anche il ritmo del tamburo da forza muscolare si è trasformato in esperienza psichica, come sviluppo delle nostre connessioni reciproche fatte di variazioni, imitazioni, attese e aspettative di ciò che, momento per momento, si manifestava nel suono, veicolo di pensieri, sentimenti ed emozioni che prendevano vita nello spazio e nel tempo degli incontri.
Il percorso così maturato ha raggiunto con successo alcuni obiettivi importanti:
- Sono diminuiti significativamente i tic sia durante la sessione che nella vita quotidiana
- Samuele è diventato più consapevole delle proprie emozioni
- Si è ridotto lo stato di agitazione fisica e psicologica portando i suoi pensieri e comportamenti da uno stato di confusione a una condizione di ordine
E concludo con un’affermazione dello stesso Samuele: “Una volta ero molto più agitato e non riuscivo a fare le cose, adesso invece sono molto più calmo e posso fare molte più cose”
Marzia Da Rold
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